domenica 29 gennaio 2017

NUOVA RUBRICA: "IL LAMPADIERE"

In questa notte scura,
qualcuno di noi, nel suo piccolo,
è come quei “lampadieri” che,
camminando innanzi,
tengono la pertica rivolta all’indietro,
appoggiata sulla spalla,
con il lume in cima.
Così,il “lampadiere” vede poco davanti a sé,
ma consente ai viaggiatori di camminare più sicuri.
Qualcuno ci prova.
Non per eroismo o narcisismo,
ma per sentirsi dalla parte buona della vita.
Per quello che si è.
Credi.

TOM BENETOLLO (febbraio 1951 – 20 giugno 2004)

Da oggi il nostro blog si arricchirà di una nuova rubrica chiamata “Il Lampadiere” all’interno della quale saranno ospitate di tanto in tanto riflessioni ed approfondimenti su temi locali e non a cura di Gabriele Sarti. Su ciascun tema troverete non la posizione “ufficiale” della nostra formazione politica quanto piuttosto la libera espressione, gli stimoli alla discussione, le idee e le possibili soluzioni, pensate da uno di noi. Stimoli che proponiamo a tutti coloro che con piccole o grandi azioni si impegnano per un presente ed un futuro migliori.

Il Jobs Act e le prospettive del paese

La discussione sul Jobs Act essendosi concentrata sull’art 18, (il che era forse voluto da diversi ambienti) ha lasciato in ombra il vero fattore negativo connesso ai provvedimenti in discussione. Questa legge sul lavoro è un ulteriore passo nella direzione dello smantellamento dell’istituto del Contratto nazionale di lavoro. Come giustamente ha osservato Luciano Gallino il ruolo dei contratti nazionali è quello di determinare una equa suddivisione del reddito complessivo (PIL) fra lavoro, profitto e rendite. E questa è una funzione decisiva, strategica al fine di garantire equità sociale e sviluppo economico. Si propone da diverse parti una sorta di salario minimo nazionale; ebbene questo del C.N.L di fatto, un salario minimo nazionale. La contrattazione aziendale che avrebbe dovuto servire a determinare la sud-divisione delle quote di reddito superiori ai livelli di produttività media, dovrebbe invece, secondo l’impostazione che sta portando avanti Confindustria debita-mente appoggiata anche da diversi personaggi di centro destra e di centro sinistra, diventare la componente fondamentale dei rapporti contrattuali. Questa impostazione era già emersa dagli accordi interconfederali del giugno 2011 e novembre 2012 non firmati dalla CGIL. Nel momento in cui da diverse parti si parla di salario minimo garantito, quanto sta accadendo è chiaramente in controtendenza e dimostra, per l’ennesima volta, che in materia di economia si sta procedendo a tentoni. Il CNL era di fatto una sorta di salario minimo garantito seppur articolato per settori. Il puntare tutto sui contratti aziendali significherà indebolire notevolmente il potere contrattuale complessivo dei lavoratori; la totale perdita di tale potere in quelle aziende, e sono tante, dove non è presente il sindacato o dove la Cisl, essendo in posizione maggioritaria o esclusiva, dimostratasi come nelle sue tradizioni particolarmente sensibile alle esigenze dei datori di lavoro, sarà disposta a contratti al ribasso pur di mantenere un rapporto privilegiato con i padroni. Di fatto un interclassismo di ritorno. Non si può certo definire questa una politica di sinistra. Ma è una politica che non aiuta nemmeno quella imprenditoria che vorrebbe seriamente uno sviluppo della economia ed un aumento della produttività aziendale. Infatti non incentiverà assolutamente l’impegno dei lavoratori. Le norme in discussione ci riportano indietro nel tempo; alle gabbie salariali di molti decenni fa e determineranno una ulteriore spaccatura nelle situazioni dei diversi settori e fra le aree geografiche. Il sud sarà ancora penalizzato. Si deter-minerà anche e sicuramente un forte indebolimento della solidarietà fra i lavoratori; quella solidarietà che era garantita appunto dai contratti nazionali nei quali il peso delle aree forti, della presenza e del potere contrattuale dei lavoratori sindacalizzati garantiva un risultato complessivo a favore delle aree e delle categorie meno forti. Che gli economisti che consigliavano il premier non capissero queste eventualità o che non le volessero capire non mi sorprende. Mi sorprende invece che una simile impostazione trovi una sponda da un ministro (Poletti) che non solo viene dal movimento cooperativo, che dovrebbe essere guidato da una logica diversa da quella del padrone privato, ma che è stato anche segretario della federazione del DS a Imola. Forse il potere logora davvero. Che si possa uscire dalle secche della crisi con quanto si sta prefigurando è molto discutibile. Che con una simile politica del lavoro si rilanci l’economia e si stabilizzi la situazione sociale è altrettanto problematico. Che la CGIL da sola ce la faccia a parare il colpo è improbabile se non ci sarà sia un ripensamento da parte degli altri sindacati, sia una inversione di marcia da parte della sinistra. Che la sinistra di governo rinsavisca finalmente; che quella all’opposizione smetta ogni forma di populismo e di agitazione vuota di prospettive e si metta finalmente a studiare delle politiche effettivamente alternative e capaci di coagulare un forte consenso unitario.

Gabriele Sarti

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